Potenza Picena dedica la più ampia retrospettiva che si sia mai realizzata all’illustre fotografo Ferruccio Ferroni (Mercatello sul Metauro, 1920 – Senigallia, 2007). L’inaugurazione sarà sabato 12 aprile 2014 alle ore 17.30, dove ci sarà un intervento critico del filosofo e storico della fotografia Diego Mormorio, presso l’Auditorium Ferdinando Scarfiotti in via Silvio Pellico n. 4/a Potenza Picena (Mc). Le sedi espositive dove vedremo le stampe d’autore originali fino al 4 maggio 2014, sono: la Chiesa di Santa Caterina, dove si vedranno gli anni Cinquanta, e la Sala Boccabianca dove sarnno esposte le fotografie del secondo periodo, realizzate da Ferroni dal 1984 al 2005.
È emblematico che l’omaggio arrivi da qui, poiché Ferroni ha nobilitato gli istanti lenti e ciclici che caratterizzano proprio la vita in provincia, immortalando la poesia che traspare dalle piccole cose.
La mostra è ideata e organizzata dal Fotoclub di Potenza Picena, con il patrocinio della Regione Marche, del Comune di Potenza Picena e della FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), ed è curata da Marcello Sparaventi, Presidente dell’Associazione culturale Centrale Fotografia di Fano, il quale da circa otto anni studia l’opera fotografica di Ferroni; con Sparaventi hanno collaborato strettamente la figlia del fotografo Annalisa Ferroni che vive a Parigi, la moglie Lidia Barucca Ferroni, Alberto Masini e Cristian Vescovi di Centrale Fotografia.
“Nel silenzio / Ferroni a colori” è il titolo scelto dal curatore della mostra per rappresentare la poetica di Ferroni: una descrizione dal sapore enigmatico, nel suo essere duplice e velatamente ossimorica (è più facile immaginare il silenzio monocromatico, ed è evidente come il silenzio sia uno dei leit motiv che attraversano la produzione in bianco e nero di Ferroni), in cui s’invita il visitatore alla contemplazione delle sintesi estetiche e compositive di Ferroni, che squarciano il reale per giungere a nuovi – e più profondi – significati.
La volontà di rendere pubblico un inedito e – per chi ne conosce l’opera fotografica, così metodica e seriale – sorprendente “Ferroni a colori” sottolinea le scelte personali del fotografo, che non smette di fotografare, come molti critici pensano, nel 1958, ma prosegue il suo percorso autonomamente, diffidando sempre più dei frequenti atteggiamenti di autocompiacimento e dell’arrivismo di alcuni protagonisti dei circuiti fotografici.
Così, saranno per la prima volta in assoluto mostrate in un video curato da Luca Della Martera e Marcello Sparaventi, e pubblicate in un libro edito da Omnia Comunicazione, le fotografie a colori di Ferroni, così intime e delicate: una produzione straordinaria che conta più di tremila immagini create dal 1955 al 2000. La prova che il fotografo, che aveva evitato il mondo “ufficiale” della fotografia e la stampa in camera oscura, a causa di impegni lavorativi e familiari, non ha abbandonato l’atto di fotografare, sostituendo la pellicola in bianco e nero con le diapositive: l’uso della diapositiva permetterà un’ulteriore spontaneità e una maggiore serenità in Ferroni nella continua ricerca sulla materia, sui contrasti, sulle ombre, sulle forme. Senza annoiare il lettore con inutili tecnicismi, diremo semplicemente che, utilizzando le diapositive a colori, Ferroni controlla il risultato finale solo in fase di ripresa – e non in fase di sviluppo (come accadeva nella sua produzione in bianco e nero): non ci saranno tagli di porzioni della scena inquadrata né cambiamenti di tono o di contrasto (come avviene in camera oscura) per cui la fase di ripresa sarà estremamente accurata. Nello specifico, Ferroni utilizza una fotocamera Hasselblad 6×6, caricata con pellicole per diapositive a colori (Ferroni utilizza l’italiana Ferrania per poi sostituirla con l’americana Kodak nel 1960), che sarà la fedele compagna con cui immortalerà i numerosi viaggi di piacere con la famiglia, sia in Italia che all’estero, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta.
Oltre alle fotografie, magistralmente eseguite, che s’inseriscono nel filone “turistico” (in cui è spesso protagonista la figlia Annalisa), sono particolarmente rilevanti i ritratti e i dettagli della materia, soggetti che ritroviamo anche nelle stampe in bianco e nero degli anni Cinquanta, e che, insieme alla visione ricorrente di Senigallia, sono il “marchio di fabbrica” di Ferroni.
“Nel silenzio / Ferroni a colori” è un evento straordinario per le Marche, regione di fatto emblema della ricerca fotografica autoriale in bianco e nero: da oggi, le fotografie di Ferroni – creando una piccola eresia in luoghi che hanno fatto del bianco e nero quasi una “religione” – ci regalano un’esperienza fatta di cromatismi delicati e di toni impalpabili, che in un certo senso anticipano di alcuni decenni le vedute della cosiddetta Scuola di paesaggio e del maestro e padre putativo Luigi Ghirri. Come il fotografo emiliano, Ferroni – anche nella sua produzione a colori – ha la capacità quasi alchemica di vedere oltre le cose quotidiane, immortalando quel “qualcosa” che va oltre l’immanenza della realtà: citando l’amico Giacomelli, Ferroni è in grado di creare “frammenti poetici, immagini formali squisitamente composte che contengono l’essenzialità d’una energia che porta con sé l’anima delle cose”.