Honoré de Balzac credeva negli spettri fotografici e Nathaniel Hawthorne nella forza rivelativa del ritratto. Gustave Flaubert, invece, non vedendovi il segno artistico, non voleva il fotoritratto dell’amante.
La fotografia venne accolta dagli scrittori in diverse maniere. Théophile Gautier l’amò. Oliver Wendell Holmes ne fu entusiasta. John Ruskin l’amò e poi la odiò. Mark Twain prima la odiò e poi l’amò. Baudelaire la odiò soltanto. Ad Alexandre Dumas interessavano soprattutto le fotografesse, a Edgar Allan Poe la “bellezza miracolosa”. Victor Hugo mettendosi davanti alla macchina fotografica, cercò dentro di sé, e anticipò di decine d’anni quella che è stata la pratica del cosiddetto “autoritratto concettuale”.
UN MAGNIFICO INIZIO
1840-1870
Venticinque anni dopo l’uscita dell’antologia Gli scrittori e la fotografia, pubblicata su suggerimento di Leonardo Sciascia e con una sua prefazione, Diego Mormorio dedica a questo tema un’opera in dieci volumi che saranno utili a chiunque voglia addentrarsi nell’affascinante mondo del rapporto tra letteratura e fotografia.
In questo primo libro, dedicato alla memoria di Leonardo Sciascia, l’autore prende in esame i primi trent’anni della fotografia, restituendoci alcune delle più belle pagine del complesso rapporto che gli scrittori e i poeti hanno avuto con l’arte fotografica.
Diego Mormorio si occupa in particolar modo dei rapporti tra la fotografia e la cultura filosofica e letteraria. Tra i suoi libri ricordiamo Un’altra lontananza (Sellerio 1997), Paesaggi italiani del ‘900 (Motta, 1996), Vestiti (Laterza, 1999), La regina nuda (Il Saggiatore, 2006), W Garibaldo. Tre racconti garibaldini (Punctum, 2007), Meditazione e fotografia (Contrasto, 2010), Catturare il tempo (Postcart, 2011).